
- Anonimo
- Maggio 19, 2021
- 4:08 pm
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- Animæ
Ambiente, salute e sicurezza
La situazione attuale
Il cambiamento climatico favorisce il ritorno di malattie infettive antiche e nuove, come dengue, zika, febbre del Nilo; gli allevamenti intensivi producono l’antibiotico resistenza, mentre l’innalzamento dei mari rischia di spianare la strada persino al ritorno del colera. Per non parlare, infine, della deforestazione e distruzione degli spazi vitali agli animali selvatici, che sono la causa della diffusione di nuovi virus. A dirlo non sono climatologici o Ong ambientaliste, ma autorevoli medici, tra i massimi esperti nazionali dei rapporti tra ambiente e salute. E lo fanno nel volume Ambiente e salute, appena uscito per Aboca edizioni. Il libro è a cura di Maria Grazia Petronio, medico specialista in Igiene, Epidemiologia e Sanità Pubblica e in Nefrologia e membro dell’Associazione “Medici per l’Ambiente”, che dal 1989 si occupa di mettere in luce i legami tra distruzione degli ecosistemi e l’insorgenza delle malattie. “La crisi del clima e l’inquinamento – spiega Maria Grazia Petronio – sono due facce della stessa medaglia, per cui le misure utili a ridurre l’esposizione agli inquinanti ambientali sono le stesse necessarie per fermare questa crisi”.
Lei pensa che dobbiamo attendercene altre magari più virulente dell’attuale?
Le foreste sono il nostro antivirus naturale, come ha sottolineato anche il Wwf, la loro distruzione può quindi esporre l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e specie selvatiche che li ospitano. Lo spostamento dei confini delle città sempre più a ridosso delle foreste ridimensiona lo spazio vitale per gli animali selvatici con i quali l’uomo ha sempre convissuto, rispettando però le giuste distanze. E gli spazi urbani, soprattutto le grandi metropoli, sono caratterizzate dall’affollamento e dalla mancanza di spazi verdi.
Tornando al tema della salute in generale. Perché secondo lei si fa fatica a guardare alle cause sistemiche, e dunque in primo luogo ambientali, delle malattie? Perché gli stessi medici sono spesso disattenti al contesto in cui una patologia si manifesta?
La risposta più immediata è che è relativamente più semplice dare “buoni consigli” piuttosto che attuare interventi di prevenzione primaria basati sulla riduzione/eliminazione dei fattori di rischio ambientali e soprattutto è più difficile attuare scelte che coinvolgono più settori, l’urbanistica, i trasporti, l’industria, l’agricoltura, solo per citare i più importanti, e non solo quello sanitario. Eppure le conoscenze scientifiche sugli strumenti più adatti per modificare i comportamenti individuali e collettivi portano senza dubbio ad indicare la creazione di ambienti favorevoli piuttosto che generiche campagne di informazione. Inoltre, l’enfasi sull’individualità apre la porta ad un pericoloso sbilanciamento tra politiche rivolte all’individuo e alla comunità.
Fumo, pesticidi, radiazioni, benzene, metalli, sostanze chimiche, interferenti endocrini: sono molti dei fattori che voi elencate nel libro come possibili cause dei vari tumori. Se da alcuni di essi ci si può difendere (meno carne e alcol ad esempio) come ci si può tutelare dagli altri?
È vero, la panoramica dei fattori ambientali che possono essere concausa dei tumori è davvero ampia e questa è anch’essa un’indicazione importante, nel senso che non basta normare i limiti delle singole sostanze pericolose, perché purtroppo ne assumiamo tante con il cibo, l’aria, l’acqua, i vestiti, i cosmetici, i detergenti etc. Da tempo gli scienziati richiamano l’attenzione sul fatto che i limiti normativi sono basati sull’effetto della singola sostanza e non sugli effetti cumulativi dovuti all’assunzione di più sostanze pericolose contemporaneamente. Per questo è indispensabile ridurre tutte le esposizioni riducendo complessivamente l’inquinamento in tutte le matrici ambientali e su questo occorrono provvedimenti delle istituzioni europee e nazionali. La Iarc (Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro) ci ha segnalato 120 sostanze cancerogene certe, 88 probabili e 313 possibili, il particolato atmosferico è tra le prime.
Tratto da un articolo de Il Fatto Quotidiano – Autore: Elisabetta Ambrosi
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