
- Anonimo
- Maggio 19, 2021
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Che cos’è la politica?
Che cos’è la politica? Hannah Arendt – Agosto 1950
La politica si fonda sul dato di fatto della pluralità degli uomini. Dio ha creato l’Uomo, gli uomini sono un prodotto umano, terreno, il prodotto della natura umana. Poiché la filosofia e la teologia si occupano sempre dell’Uomo, e tutti i loro enunciati sarebbero giusti anche se esistesse soltanto un Uomo, o soltanto due Uomini, o soltanto uomini identici, esse non hanno trovato una valida risposta filosofica alla domanda: che cos’è la politica? Peggio ancora: per tutto il pensiero scientifico esiste solo l’Uomo, in biologia o in psicologia come in filosofia e in teologia, così come per la zoologia esiste solo il leone. I leoni sarebbero una faccenda che riguarda soltanto i leoni. Balza agli occhi, in tutti i grandi pensatori, il divario tra le filosofie politiche e le altre opere: persino in Platone. La politica non raggiunge mai la stessa profondità. La mancanza di profondità altro non è infatti che scarsa sensibilità per la profondità su cui poggia la politica.
La politica tratta della convivenza e comunanza dei diversi. Politicamente gli uomini si organizzano in base a determinati tratti comuni essenziali all’interno di un caos assoluto, oppure da un assoluto caos di differenze. Finché gli organismi politici sono edificati sulla famiglia e intesi nel quadro della famiglia, l’affinità ai suoi vari livelli è considerata da un lato l’elemento che può unificare i diversi, e dall’altro quello che consente a strutture di tipo individuale di discostarsi e distinguersi l’una dall’altra. In questa forma di organizzazione, l’originaria diversità viene annullata con la stessa efficacia con cui, quando è in gioco l’Uomo, viene distrutta la sostanziale uguaglianza di tutti gli uomini. La duplice rovina della politica deriva dallo sviluppo degli organismi politici a partire dalla famiglia. Qui appare già accennato ciò che diviene emblematico nell’immagine della Sacra Famiglia: l’idea che Dio abbia creato non tanto l’uomo quanto la famiglia.
Se nella famiglia si ravvisa più della partecipazione, la partecipazione attiva alla pluralità, ci si comincia a credere Dio, cioè a fingere che si possa uscire per vie naturali dal principio della diversità. Invece di procreare un uomo si cerca di creare, a propria immagine e somiglianza, l’Uomo. Ma in senso pratico, politico, la famiglia acquista la sua connaturata importanza perché il mondo è organizzato in maniera da non lasciare spazio al singolo, al diverso. Le famiglie vengono fondate come ripari e fortezze in un mondo inospitale ed estraneo, in cui si vorrebbe portare affinità. Tale aspirazione conduce alla fondamentale perversione del politico, poiché annulla la qualità di fondo della pluralità o meglio la perde introducendo il concetto di affinità.
L’Uomo, così come lo intendono filosofia e teologia, in politica esiste – o si realizza – soltanto all’interno degli uguali diritti che i diversi si garantiscono. Con questa spontanea garanzia e concessione di un diritto giuridico uguale, si riconosce che la pluralità degli uomini, i quali devono la loro pluralità a loro stessi, deve la propria esistenza alla creazione dell’Uomo.
La filosofia ha due buoni motivi per non trovare mai neppure il luogo dove nasce la politica.
Il primo è:
Lo zoon politikon: quasi che nell’Uomo vi fosse un elemento politico che è parte della sua essenza. Proprio questo è falso; l’Uomo è a-politico. La politica nasce tra gli uomini, dunque decisamente al di fuori dell’Uomo. Perciò non esiste una sostanza propriamente politica. La politica nasce nell’infra, e si afferma come relazione. Hobbes questo lo aveva capito.
Il secondo è:
L’idea monoteistica del Dio a immagine del quale deve essere creato l’uomo. In questo senso in effetti può esistere solo l’Uomo, e gli uomini sono ridotti a una replica più o meno riuscita del medesimo. L’uomo creato a immagine della solitudine di Dio è alla base dello state of na-ture as a war of all against all di Hobbes. E’ la guerra di ribellione di ognuno contro tutti gli altri, i quali vengono odiati perché il loro esistere è privo di senso: privo di senso per l’uomo creato a immagine della solitudine di Dio. La via di uscita occidentale da questa impossibilità della politica all’interno del mito occidentale della creazione, è la metamorfosi o la sostituzione della politica con la storia. Nell’idea di una storia universale, la pluralità degli uomini si confonde in un unico individuo umano che per di più è chiamato umanità. Da qui l’aspetto mostruoso e disumano della storia, che soltanto con la sua fine si afferma appieno e brutalmente nella politica stessa.
E’ davvero difficile realizzare che vi è un ambito in cui dobbiamo essere veramente liberi, cioè né spinti da noi stessi né dipendenti da un materiale dato. La libertà esiste soltanto nel peculiare infra della politica. Da questa libertà ci rifugiamo nella “necessità” della storia. Una orribile assurdità.
Può darsi che la politica abbia il compito di realizzare un mondo che sia tanto trasparente alla verità quanto la creazione divina. Nei termini del mito ebraico-cristiano vorrebbe dire che l’Uomo, creato a immagine di Dio, ha ricevuto la facoltà di procreare per organizzare gli uomini a immagine della creazione divina. Probabilmente è una assurdità. Ma sarebbe la sola possibile dimostrazione e legittimazione dell’idea della legge naturale. E’ nella assoluta diversità di ogni uomo dall’altro, che è più grande della diversità relativa tra popoli, nazioni o razze, è nella pluralità che è contenuta la creazione dell’Uomo per mano di Dio. Con questo però la politica non ha niente a che fare. La politica infatti organizza a priori gli assolutamente diversi in vista di una uguaglianza relativa, e per distinguerli dai relativamente diversi.
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